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Storia

Visite turistiche

Il castello di Pedres Si trova nell’agro di Olbia, la vecchia Civita, un tempo capitale del Giudicato di Gallura. Sorge in cima a una altura dalla quale si può controllare il golfo e l’intera piana olbiese. Vecchio di quasi mille anni, fu utilizzato per scopi militari nel periodo giudicale e successivamente anche durante la dominazione pisana in funzione anti-aragonese. Un tempo composto da quattro torri, oggi ne rimane soltanto una. Attorno si possono ancora ammirare il mastio e una cisterna. Il castello è facilmente raggiungibile: basta percorrere la strada provinciale 24, che collega Olbia con Loiri, e svoltare a destra dopo aver superato il fiume Padrongianus. Dopo pochi chilometri in auto si arriva infine in un grande piazzale. A pochi metri di distanza si trova invece la tomba dei giganti Su mont’e s’Abe, una delle meglio conservate della Gallura. L’ingresso è gratuito.
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Castello di Pedres
Via Castello Pedrese
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Il castello di Pedres Si trova nell’agro di Olbia, la vecchia Civita, un tempo capitale del Giudicato di Gallura. Sorge in cima a una altura dalla quale si può controllare il golfo e l’intera piana olbiese. Vecchio di quasi mille anni, fu utilizzato per scopi militari nel periodo giudicale e successivamente anche durante la dominazione pisana in funzione anti-aragonese. Un tempo composto da quattro torri, oggi ne rimane soltanto una. Attorno si possono ancora ammirare il mastio e una cisterna. Il castello è facilmente raggiungibile: basta percorrere la strada provinciale 24, che collega Olbia con Loiri, e svoltare a destra dopo aver superato il fiume Padrongianus. Dopo pochi chilometri in auto si arriva infine in un grande piazzale. A pochi metri di distanza si trova invece la tomba dei giganti Su mont’e s’Abe, una delle meglio conservate della Gallura. L’ingresso è gratuito.
Di fronte al castello di Pedres, vicino al centro abitato di Olbia, un alone di mistero circonda un luogo di sepolture nuragiche. Nella tomba di Giganti de su mont’e s’Abe (o s’Ape), a differenza delle migliaia di sepolture preistoriche del suo genere, i defunti erano sepolti in forma collettiva. Nella sala funeraria venivano officiati i riti sacri legati al defunto ma qui, rispetto a quanto capitava altrove, non sono stati rinvenuti nel pozzetto sacro i documenti funerari che accompagnavano il defunto sino al congiungimento con la divinità. La costruzione fu edificata in due fasi. Nella prima, risalente al periodo della cultura di Bonnanaro, venne costruita la tomba ad allée couverte - una sorta di dolmen allungato -, successivamente, attorno al 1600 a.C., fu trasformata in tomba di Giganti con esedra e stele, delle quali potrai ammirare alcune tracce. La costruzione, originariamente costruita a forma di testa di toro, divinità generatrice di vita, era delimitata frontalmente da un semicerchio. Al centro dell’esedra si trovavano una stele di granito alta quattro metri e, alla base, una piccola apertura usata come ingresso della tomba. Al suo interno, il sepolcro era formato da una camera lunga dieci metri, mentre l’intera struttura tuttora ben visibile è lunga 28 metri e larga sei, una delle più grandi di tutta la Sardegna.
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Tomba dei Giganti Su Monte 'e S'Abe
Via Caterina Longa
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Di fronte al castello di Pedres, vicino al centro abitato di Olbia, un alone di mistero circonda un luogo di sepolture nuragiche. Nella tomba di Giganti de su mont’e s’Abe (o s’Ape), a differenza delle migliaia di sepolture preistoriche del suo genere, i defunti erano sepolti in forma collettiva. Nella sala funeraria venivano officiati i riti sacri legati al defunto ma qui, rispetto a quanto capitava altrove, non sono stati rinvenuti nel pozzetto sacro i documenti funerari che accompagnavano il defunto sino al congiungimento con la divinità. La costruzione fu edificata in due fasi. Nella prima, risalente al periodo della cultura di Bonnanaro, venne costruita la tomba ad allée couverte - una sorta di dolmen allungato -, successivamente, attorno al 1600 a.C., fu trasformata in tomba di Giganti con esedra e stele, delle quali potrai ammirare alcune tracce. La costruzione, originariamente costruita a forma di testa di toro, divinità generatrice di vita, era delimitata frontalmente da un semicerchio. Al centro dell’esedra si trovavano una stele di granito alta quattro metri e, alla base, una piccola apertura usata come ingresso della tomba. Al suo interno, il sepolcro era formato da una camera lunga dieci metri, mentre l’intera struttura tuttora ben visibile è lunga 28 metri e larga sei, una delle più grandi di tutta la Sardegna.
Dai suoi quasi 250 metri d’altitudine, in cima al picco di Cabu Abbas, controllava da posizione strategica l’arrivo di imbarcazioni nemiche, il suo orizzonte arrivava sino all’isola di Tavolara. Il nuraghe Riu Mulinu è una delle fortificazioni nuragiche più conosciute del nord dell’Isola. Sorge a pochi chilometri da Olbia ed è databile intorno al 1300-1200 a.C. La torre centrale è ben protetta da una possente muraglia che cinge il colle per 220 metri di lunghezza, con altezza e larghezza che raggiungevano fino a 5 metri. La caratteristica principale della cinta muraria è il fatto di essere inglobata negli spuntoni rocciosi che si trovano lungo il suo perimetro. Si apre in due ingressi: uno a nord, l’altro a sud. Dentro le mura, la costruzione è monotorre con forma circolare di circa otto metri di diametro. Formato da blocchi di granito il nuraghe è caratterizzato da un andito che presenta una piccola nicchia e una scala che portava al piano superiore non più agibile. Il vano sotto la scala conduce a una fossa sacrificale, nella quale sono stati ritrovati frammenti di ossa bruciate e reperti ceramici. Gli scavi, risalenti al 1936, hanno riportato alla luce un bronzetto che raffigura una donna con un’anfora sulla testa. Grazie all’importante scoperta, gli studiosi hanno potuto datare la costruzione e individuare il nuraghe come luogo legato ai rituali sacri del culto dell’acqua.
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Nuraghe Riu Mulinu
Via S'Iscoglia
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Dai suoi quasi 250 metri d’altitudine, in cima al picco di Cabu Abbas, controllava da posizione strategica l’arrivo di imbarcazioni nemiche, il suo orizzonte arrivava sino all’isola di Tavolara. Il nuraghe Riu Mulinu è una delle fortificazioni nuragiche più conosciute del nord dell’Isola. Sorge a pochi chilometri da Olbia ed è databile intorno al 1300-1200 a.C. La torre centrale è ben protetta da una possente muraglia che cinge il colle per 220 metri di lunghezza, con altezza e larghezza che raggiungevano fino a 5 metri. La caratteristica principale della cinta muraria è il fatto di essere inglobata negli spuntoni rocciosi che si trovano lungo il suo perimetro. Si apre in due ingressi: uno a nord, l’altro a sud. Dentro le mura, la costruzione è monotorre con forma circolare di circa otto metri di diametro. Formato da blocchi di granito il nuraghe è caratterizzato da un andito che presenta una piccola nicchia e una scala che portava al piano superiore non più agibile. Il vano sotto la scala conduce a una fossa sacrificale, nella quale sono stati ritrovati frammenti di ossa bruciate e reperti ceramici. Gli scavi, risalenti al 1936, hanno riportato alla luce un bronzetto che raffigura una donna con un’anfora sulla testa. Grazie all’importante scoperta, gli studiosi hanno potuto datare la costruzione e individuare il nuraghe come luogo legato ai rituali sacri del culto dell’acqua.
Fu portato alla luce negli anni Trenta del XX secolo, durante la ricerca di una fonte d’acqua. Non a caso il pozzo sacro sa Testa era luogo prescelto dalla civiltà nuragiche che abitavano il territorio gallurese per onorare le divinità delle acque. Oggi rappresenta un’attrazione di grande richiamo per gli appassionati di archeologia e, in particolare, della cultura nuragica. L’antico santuario, databile tra XV e XIII secolo a.C., si erge all’uscita dal centro abitato di Olbia e presenta una struttura lunga poco meno di diciotto metri, realizzata in granito, trachite e scisto, tagliati in blocchi accuratamente lavorati. La pianta esterna richiama la figura di una serratura a simboleggiare una porta tra il mondo dei vivi e quello dei morti. La struttura è composta da un cortile circolare, un vestibolo, un piccolo ambiente di raccordo tra cortile e pozzo e dai gradini che conducono al pozzo vero e proprio. L’area del giardino di forma circolare, cui accederai attraverso un ingresso a nord, era dedicata ai riti collettivi del culto delle acque. La porta si apre su 17 gradini che conducono alla sorgente perenne che sgorga dalle profondità terrestri. Si accede al pozzo attraverso una pavimentazione di lastre di scisto con, nel mezzo, un canale di entrata che porta acqua dall’esterno verso i gradini del pozzo. Il pozzo è coperto in parte da architravi. La sua parte più sotterranea, ossia una camera circolare alta quasi sette metri, dove si raccoglie l’acqua, è coperta, invece, con una falsa cupola (a tholos). All’interno dell’area sacra furono rinvenuti importanti reperti, tra cui alcuni monili e un piccolo pugnale con un’elsa in bronzo, parte di statuetta forse infissa nei blocchi di pietra
Pozzo Sacro Olbia.
Viale Pittulongu
Fu portato alla luce negli anni Trenta del XX secolo, durante la ricerca di una fonte d’acqua. Non a caso il pozzo sacro sa Testa era luogo prescelto dalla civiltà nuragiche che abitavano il territorio gallurese per onorare le divinità delle acque. Oggi rappresenta un’attrazione di grande richiamo per gli appassionati di archeologia e, in particolare, della cultura nuragica. L’antico santuario, databile tra XV e XIII secolo a.C., si erge all’uscita dal centro abitato di Olbia e presenta una struttura lunga poco meno di diciotto metri, realizzata in granito, trachite e scisto, tagliati in blocchi accuratamente lavorati. La pianta esterna richiama la figura di una serratura a simboleggiare una porta tra il mondo dei vivi e quello dei morti. La struttura è composta da un cortile circolare, un vestibolo, un piccolo ambiente di raccordo tra cortile e pozzo e dai gradini che conducono al pozzo vero e proprio. L’area del giardino di forma circolare, cui accederai attraverso un ingresso a nord, era dedicata ai riti collettivi del culto delle acque. La porta si apre su 17 gradini che conducono alla sorgente perenne che sgorga dalle profondità terrestri. Si accede al pozzo attraverso una pavimentazione di lastre di scisto con, nel mezzo, un canale di entrata che porta acqua dall’esterno verso i gradini del pozzo. Il pozzo è coperto in parte da architravi. La sua parte più sotterranea, ossia una camera circolare alta quasi sette metri, dove si raccoglie l’acqua, è coperta, invece, con una falsa cupola (a tholos). All’interno dell’area sacra furono rinvenuti importanti reperti, tra cui alcuni monili e un piccolo pugnale con un’elsa in bronzo, parte di statuetta forse infissa nei blocchi di pietra
 L’acquedotto romano di Olbia è il meglio conservato della Sardegna romana. Edificato in piena età imperiale (tra II e III sec. d.C.), trasportava le acque dalle sorgenti di Cabu Abbas fino alle terme della città antica attraverso un tracciato di 3,5 Km. A Sa Rughittola– via Mincio è visibile una porzione lunga oltre un centinaio di metri, nella quale spiccano due arcate intere e una piscina limaria, documenta molto bene la monumentalità e la funzionalità di queste strutture, peculiari del mondo romano. Di fronte all’acquedotto è visibile una grande cisterna, forse destinata alle necessità idriche di una villa o di un latifondo, realizzata in opera cementizia mentre l’interno è rivestito di uno spesso strato di cocciopesto, utile per l’impermeabilizzazione. Altri resti dell’acquedotto sono visibili in via Nanni e in via Canova.
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Acquedotto Romano
62 Via Mincio
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 L’acquedotto romano di Olbia è il meglio conservato della Sardegna romana. Edificato in piena età imperiale (tra II e III sec. d.C.), trasportava le acque dalle sorgenti di Cabu Abbas fino alle terme della città antica attraverso un tracciato di 3,5 Km. A Sa Rughittola– via Mincio è visibile una porzione lunga oltre un centinaio di metri, nella quale spiccano due arcate intere e una piscina limaria, documenta molto bene la monumentalità e la funzionalità di queste strutture, peculiari del mondo romano. Di fronte all’acquedotto è visibile una grande cisterna, forse destinata alle necessità idriche di una villa o di un latifondo, realizzata in opera cementizia mentre l’interno è rivestito di uno spesso strato di cocciopesto, utile per l’impermeabilizzazione. Altri resti dell’acquedotto sono visibili in via Nanni e in via Canova.
La fattoria romana “S’Imbalconadu” o villa romana (cosi’ i latini chiamavano la casa di campagna), si trova a pochi Km da Olbia, nella strada che porta a Loiri. E’ una costruzione di età Repubblicana, organizzata con una struttura centrale e ambienti circostanti adibiti a magazzini. Alcuni di questi hanno restituito durante gli scavi alcuni reperti che sembrano indicarne l’utilizzo di torchi e vasche per la produzione di vino, oltre alcune anfore da trasporto e un altro vano dove è stata identificata una “mola manuaria”, “una meta” e “un catillus” per la lavorazione dei cereali. La parte centrale era invece la residenza dei proprietari; di forma quadrata era organizzata in due piani, più un terrazzo da dove si poteva tenere sotto controllo l’intero fondo. I materiali da costruzione sono blocchi di granito (di cui la Gallura è ricca), “opus africanus”, ovvero conci posti in maniera non del tutto regolare e mattoni crudi. Costruita nel II sec. A.C. fu abbandonata nel I sec. A. C.. Durante gli scavi archeologici fu ritrovata una scultura della Dea Tanit, che dimostra che questo luogo fu frequentato in epoca fenicia (oggi il blocco di granito scolpito si trova a Sassari, nel Museo Archeologico).
Roman Farm of S'Imbalconadu
69 Via Loiri
La fattoria romana “S’Imbalconadu” o villa romana (cosi’ i latini chiamavano la casa di campagna), si trova a pochi Km da Olbia, nella strada che porta a Loiri. E’ una costruzione di età Repubblicana, organizzata con una struttura centrale e ambienti circostanti adibiti a magazzini. Alcuni di questi hanno restituito durante gli scavi alcuni reperti che sembrano indicarne l’utilizzo di torchi e vasche per la produzione di vino, oltre alcune anfore da trasporto e un altro vano dove è stata identificata una “mola manuaria”, “una meta” e “un catillus” per la lavorazione dei cereali. La parte centrale era invece la residenza dei proprietari; di forma quadrata era organizzata in due piani, più un terrazzo da dove si poteva tenere sotto controllo l’intero fondo. I materiali da costruzione sono blocchi di granito (di cui la Gallura è ricca), “opus africanus”, ovvero conci posti in maniera non del tutto regolare e mattoni crudi. Costruita nel II sec. A.C. fu abbandonata nel I sec. A. C.. Durante gli scavi archeologici fu ritrovata una scultura della Dea Tanit, che dimostra che questo luogo fu frequentato in epoca fenicia (oggi il blocco di granito scolpito si trova a Sassari, nel Museo Archeologico).
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Museu Arqueológico de Olbia
Via Isola Peddone
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Necropoli di San Simplicio
Via Gabriele d'Annunzio
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Santo Simplício
Piazza San Simplicio
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Church of St. Paul the Apostle
3 Piazza Civitas
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